IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del p.m. di convalida dell'arresto di: Osaiehmi
Okuta  tratto  in  arresto  a  Bologna  il  18 maggio  2004  ai sensi
dell'art.  14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 - come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  - per la contravvenzione prevista e punita
dall'art. 14, comma 5-ter, stessa legge;
    1. - Premesso che con decreto del 31 gennaio 2004, il Prefetto di
Mantova  aveva disposto l'espulsionedell'arrestato e che, con decreto
emesso  e  notificato  il  31 gennaio 2004 il Questore di Mantova gli
aveva  ordinato  di  allontanarsi  dal  territorio  dello Stato entro
cinque   giorni   ai   sensi  dell'art. 14,  comma  5-bis,  del  T.U.
n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   inoltre   che   l'arrestato   e'  privo  di  documenti
d'identita'  ed  e'  stato sottoposto a rilievi dattiloscopici per la
sua  identificazione,  non  e'  mai stato condannato, non risulta che
abbia pendenze giudiziarie e non e' mai stato segnalato dalla polizia
come autore di reati;
    Osserva  che  sussistono  dubbi sulla legittimita' costituzionale
dalla  norma  dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 con
riferimento  alle  norme  degli  articoli 3  e  13, terzo comma della
Costituzione.   Poiche'   non  appare  manifestamente  infondata,  la
questione deve essere sollevata anche d'ufficio.
    2. - Con riferimento all'art. 13, terzo comma della Costituzione,
la norma indicata appare illegittima per le seguenti ragioni:
        l'art. 13   della   Costituzione  prevede  che  «la  liberta'
personale  e'  inviolabile»  (primo comma), che la liberta' personale
puo'  essere  limitata  soltanto  con  atto  motivato  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  soli  casi  e modi previsti dalla legge (secondo
comma)  e  che soltanto «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza
indicati   tassativamente  dalla  legge,  l'autorita'  di  P.S.  puo'
adottare  provvedimenti provvisori», che devono essere convalidati in
tempi brevissimi dall'autorita' giudiziaria (terzo comma).
    Il legislatore ordinario puo' quindi determinare i casi in cui la
liberta'  personale puo' essere provvisoriamente limitata dalla P.S.,
ma  la  scelta  e'  limitata  ai  «casi  eccezionali di necessita' ed
urgenza».    Poiche'    l'art.   14,   comma   5-quinquies,   prevede
l'obbligatorieta'  dell'arresto  quando  sia  accertata  la flagranza
della  contravvenzione  dell'art. 14  ,comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale   gravita'   ed   urgenza  che  possono  giustificare  la
limitazione  provvisoria della liberta' personale da parte della P.S.
non  possono  essere  valutate in concreto ma soltanto in astratto in
relazione  al  reato  a  cui  e' collegata la previsione dell'arresto
obbligatorio.
    La  contravvenzione  in  esame per la quale e' previsto l'arresto
obbligatorio  in  flagranza  e' un reato di mera condotta. L'elemento
materiale del reato e' il fatto dello straniero che, gia' espulso dal
territorio  dello  Stato  in  quanto  clandestino non abbia osservato
l'ordine di allontanamento del questore.
    La  struttura  del  reato  non prevede quindi ne' la lesione o la
messa  in  pericolo  di  un bene costituzionalmente protetto, ne' una
condizione  soggettiva  di  pericolosita' specifica dell'autore, che,
mai  condannato  ne'  giudicato  per  altri  reati,  non  puo' essere
giudicato   socialmente   pericoloso  (cfr.  sentenza  n. 126/1972  e
n. 64/1977  della  Corte  costituzionale  nelle quali la legittimita'
dell'arresto,  era  collegata al preesistente accertamento giudiziale
delle condizioni di pericolosita' sociale).
    La  permanenza  clandestina  dello  straniero  in  Italia  e' una
condizione  che legittima l'espulsione ma non costituisce alcun reato
e che, dipendendo dalla formale assenza di documenti d'identita', non
puo'  essere  di  per  se  stessa  di una specifica pericolosita' del
soggetto.
    Ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente assumono
quindi,  nel nostro caso, quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza che giustificano il potere della P.S. di limitare la liberta'
personale ai sensi dell'art. 3, comma 3, Cost.
    Si deve anche osservare che l'arresto obbligatorio e' previsto in
questo  caso  per una contravvenzione. Il sistema processuale vigente
non prevede per le contravvenzioni l'applicazione di misure cautelari
(articoli 280 e 287 c.p.p.). Il nostro caso non fa eccezione e dunque
anche nel nostro caso l'arresto non ha una funzione precautelare.
    Esistono  altri casi in cui l'arresto e' consentito a prescindere
dalla  successiva  applicazione  di  misure cautelari ma si tratta di
casi molto diversi dal nostro.
    Un   primo  caso  e'  quello  previsto  per  il  delitto  di  cui
all'art. 189  del  codice della strada (la pena edittale e' inferiore
ai limiti che consentono l'applicazione di misure cautelari).
    Altri  casi  sono quelli previsti per le contravvenzioni previste
dall'art. 4,  commi  1  e  2,  4  e  5  legge n. 110/1975 se sussiste
l'aggravante  della  finalita'  di  discriminazione  o  odio  etnico,
razziale ecc.
    Ma  e' evidente nel primo di questi casi (a prescindere dal fatto
che  si  tratta di delitto e non di contravvenzione) la necessita' di
un  intervento immediato diretto a limitare la liberta' di chi si sia
dato  alla  fuga, abbandonando la vittima di un incidente stradale da
lui  cagionato  e  abbia messo in pericolo la sicurezza individuale e
collettiva  (cfr. in proposito Corte cost. n. 305/1996) e negli altri
casi  la  necessita' di limitare la liberta' personale di persone che
portino  senza licenza armi proprie o improprie o, anche provvisti di
licenza,  in  riunioni  pubbliche, quando sussista l'aggravante della
destinazione  ad  atti violenti per finalita' di discriminazione o di
odio razziale.
    La  necessita'  dell'arresto  in  flagranza  privo  di  finalita'
precautelari  dipende,  in  questi  casi,  dal fatto che si tratta di
condotte  attive  (lesioni personali con conseguente fuga e abbandono
della  vittima  e  porto  d'armi  in  occasioni  o  con finalita' non
consentite)  che  pongono  concretamente  in  pericolo  la  sicurezza
individuale  e  collettiva  e  sono necessariamente dolose. L'arresto
previsto   dall'art.  14,  comma  5-quinquies,  riguarda  invece  una
condotta  meramente  omissiva, che non pone in pericolo l'incolumita'
altrui e puo' essere anche colposa.
    E'  il  caso  di  aggiungere  che  la Corte costituzionale con la
sentenza  n. 305/1996  ha  confermato  legittimita'  della previsione
dell'arresto  per  il delitto di cui all'art. 189 codice della strada
ma  in  quanto  l'arresto  e'  previsto  come  facoltativo  e  quindi
«richiede  pur  sempre la sussistenza, nei singoli casi concreti, dei
presupposti  ai  quali l'art. 381, comma 4, subordina in via generale
l'adozione di tale misura».
    Nel  caso  in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto esclude
ogni  valutazione sulla concreta pericolosita' della condotta, con la
conseguenza  che  la previsione dell'arresto potrebbe essere conforme
alla  norma  dell'art. 13, terzo comma della Costituzione soltanto se
si  ritenesse  eccezionalmente  necessario  ed  urgente  limitare  la
liberta'  di  uno  straniero  tutte  le  volte  in  cui abbia violato
l'ordine   di   allontanamento   del  questore  successivo  alla  sua
espulsione  dal  territorio nazionale. Ma l'ipotesi rende evidente il
contrasto   con   il  principio  dell'inviolabilita'  della  liberta'
personale previsto appunto dall'art. 13 Cost.
    L'arresto   obbligatorio   non   potrebbe   neppure  trovare  una
giustificazione  nell'eccezionale  necessita' ed urgenza di procedere
al rito direttissimo imposto dallo stesso art. 14, comma 5-quinquies,
per  l'accertamento  della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter.
Il  rito direttissimo nel nostro ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art.  449.  c.p.p.  che  lo  prevede  in  tutti  i  casi  in cui
l'imputato - non arrestato ne' detenuto - abbia reso confessione, nei
casi  previsti  dall'art.  450,  comma  2,  c.p.p.  che espressamente
dispone  le  regole processuali per l'ipotesi di citazione a giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge n. 189/1992,
che all'art. 13, comma 13-ter, prevede ipotesi di arresto facoltativo
disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita'
dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e percio' l'imputato resti
libero - si proceda contro l'autore con rito direttissimo.
    Ne'  infine l'eccezionale necessita' ed urgenza dell'arresto puo'
essere  collegata  alla necessita' di eseguire l'espulsione immediata
dell'arrestato  che  puo' essere effettuata anche con accompagnamento
alla   frontiera   e  in  modo  del  tutto  autonomo  e  indipendente
dall'arresto,  ai  sensi  dell'art. 13,  comma 4, d.lgs. n. 286/1998,
come modificato dalla legge n. 189/2002.
    3.  - Con riferimento all'art. 3 della Costituzione che impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato  nelle  sentenze  della  Corte costituzionale n. 26/1979,
103/1982,   409/1989,   394/1994   1)   la   previsione  dell'arresto
obbligatorio   parrebbe   essere  incostituzionale  per  le  seguenti
ragioni:
        l'art.  13,  comma 13, del d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla legge n. 189/2002 prevede il fatto dello straniero che, espulso
e  materialmente  accompagnato alla frontiera, rientri nel territorio
nazionale  e  punisce  questa condotta con l'arresto da sei mesi a un
anno,   cioe'  con  una  pena  identica  a  quella  prevista  per  la
contravenzione  prevista dall'art. 14, comma 5-ter, per il caso dello
straniero  che  senza giustificato motivo si trattiene nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento impartito dal
questore.
    In realta' la condotta descritta all'art. 14, comma 5-ter, appare
meno  grave  di  quella di cui all'art. 13, comma 13; in quest'ultimo
caso  lo  straniero  che, accompagnato coattivamente alla frontiera a
mezzo della forza pubblica e fisicamente espulso dal territorio dello
Stato,   vi   rientra,   pone   in  essere  una  condotta  attiva  di
trasgressione  non  solo  ad  un  ordine  legalmente dato ma anche ad
attivita'  che hanno impegnato lo Stato con risorse umane e materiali
e  ha quindi mostrato un atteggiamento volitivo particolarmente forte
mentre  la  condotta  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, e' meramente
omissiva  poiche'  lo  straniero «intimato» si limita a non adempiere
l'ordine  e  a  non  presentarsi alla frontiera nel termine indicato,
tiene cioe' una condotta compatibile anche con la semplice colpa.
    Se  dunque  e'  corretto  ritenere  che la contravvenzione di cui
all'art.  14,  comma  5-ter, e' di gravita' pari a addirittura minore
rispetto  a  quella di cui all'art. 13, comma 13, la previsione di un
arresto  obbligatorio  nel  primo  caso e facoltativo nel secondo non
appare ragionevole.
    Ma  c'e'  di  piu'.  L'art.  13,  comma 13-ter, del T.U. in esame
prevede  come  facoltativo  l'arresto anche in caso di commissione di
uno  dei  delitti  previsti  dal precedente comma 13-bis e, fra essi,
oltre a quello dello straniero gia' denunciato per la contravvenzione
di  cui  al  comma  13  e nuovamente espulso con accompagnamento alla
frontiera,  c'e'  anche quello di violazione dell'espulsione disposta
dal  giudice  che,  ai  sensi  dell'art. 16  del decreto, puo' essere
disposta  con  la  sentenza come sanzione sostitutiva di una condanna
per  reato  non  colposo ad una pena detentiva entro il limite di due
anni  e  quindi  anche  in  relazione a soggetti che hanno dimostrato
gia',  in  concreto,  di  essere  pericolosi.  E'  indubbio  che tali
soggetti  devono essere ritenuti piu' pericolosi e il loro reingresso
nello  Stato  e'  piu'  allarmante  della  semplice permanenza di uno
straniero  che non abbia obbedito all'ordine del questore di lasciare
il territorio dello Stato entro cinque giorni.
    Il legislatore ha percio' trattato in maniera difforme situazioni
almeno    uguali    (prevedendo   l'arresto   obbligatorio   per   la
contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, e quello facoltativo
per  la  contravvenzione  di  cui all'art. 13, comma 13) e in maniera
piu'  grave  reati  di  minore  gravita'  (la  contravvenzione di cui
dall'art. 14  comma 5-ter)  rispetto  ai  delitti di cui all'art. 13,
comma 13-bis.
    D'altra  parte,  la  norma  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, e'
diretta  a  sanzionare  la  condotta  omissiva dello straniero che si
sottrae   all'esecuzione  volontaria  di  un  ordine  dell'autorita',
essendo  stato questo ordine emanato perche' lo straniero si trova in
una   particolare   condizione  soggettiva  (privo  di  documenti  di
identificazione  e dunque non passibile di espulsione coatta verso un
determinato Stato) ma in se' non illecita.
    L'essere  clandestino  e  non  identificabile non integra infatti
alcuna ipotesi di reato.
    Scegliendo  inoltre  il  reato di natura contravvenzionale (anche
per  conformita'  con ipotesi simili come quella dell'art. 650 c.p. e
dell'art. 2  legge  n. 142/1956) lo stesso legislatore ha qualificato
la  condotta  in  termini  di  minore  gravita'  escludendo  anche la
possibilita' di applicare misure cautelari.
    La  previsione  dell'arresto obbligatorio per l'ipotesi in esame,
in contrasto con la previsione della mera facoltativita' dell'arresto
per  fattispecie di reato di uguale o addirittura di minore gravita',
e'  percio'  censurabile  per il mancato rispetto del principio della
ragionevolezza.
    E'  appena il caso di ricordare, per concludere, che il principio
di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., benche' testualmente riferita
ai  «cittadini»  deve ritenersi esteso agli stranieri, trattandosi di
norma  diretta  alla  tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (Corte
cost. sent. n. 104/1969).
    4.  -  La questione sollevata e' rilevante poiche' l'arrestato e'
stato  privato della liberta' personale e obbligatoriamente tratto in
arresto,  senza  alcun  giudizio  di  pericolosita',  per  violazione
dell'art.  14,  comma  5-ter,  e  condotto  davanti al giudice per la
convalida   dell'arresto   e   il   giudizio  direttissimo  ai  sensi
dell'art. 558 c.p.p.
    La circostanza che la mancata convalida dell'arresto determinera'
la  caducazione  della misura non puo' influire sulla rilevanza della
questione  di legittimita'. In proposito e' sufficiente richiamare la
sentenza n. 54/1993 della Corte costituzionale con la quale e' stato,
fra  l'altro,  affermata  testualmente che nel giudizio di convalida:
«la rilevanza della questione permane, trattandosi di stabilire se la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicaziore   dell'art.   391,   settimo   comma,   ovvero  piu'
radicalmente,   alla   caducazione   con  effetto  retroattivo  della
disposizione in base alla quale gli arresti furono eseguiti».
          1) Vedi anche Corte cost. n. 53/1958 dove si legge che «non
          si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore
          se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato
          quando   il  legislatore  assoggetta  ad  un'indiscriminata
          disciplina situazioni che esso stesso considera diverse».